Finalmente! Finalmente vedo un bel film sull'immigrazione, sulle seconde generazioni e sui pregiudizi reciproci. E, udite udite, la pellicola riesce ad essere un perfetto mix di esilarante divertimento e commozione (almeno per me, ho alternato lacrime e risate durante la visione).
L'interessante film che consiglio a tutti viene dalla Germania, parla di una famiglia turco-tedesca e del viaggio che il nonno, giunto in Germania negli anni '60, regala a tutti (figli e nipoti) per andare a visitare la terra d'origine.
La regista è una tedesca di origine turca, Yasemin Samdereli e la sceneggiatrice sua sorella Nasrin. il film in questione è Almanya - La mia famiglia in Germania.
Ho pianto e riso perché si parla di una famiglia e delle sue radici e quindi ho pensato a molti avvenimenti del mio passato. Ma ho alternato emozioni anche pensando al mio presente e, perché no, al mio futuro. Ho riflettuto sulla vita di persone a me vicine che hanno lasciato il loro Paese, sperando di tornare o sperando di non farlo mai. Ho pensato a come potrebbe essere la mia vita lontano dal mio di Paese, a come potrei invecchiare altrove e a come potrei crescere dei figli altrove. Ho anche pensato a cosa potrebbero essere i miei figli qui, in questo luogo dove è ancora molto difficile avere certe idee su immigrazione e integrazione (e quindi solo essere educati con certe idee potrebbe farli trovare in difficoltà..).
Sono stata maledettamente autobiografica, lo so. Ma per fortuna il film mi è piaciuto moltissimo e non gli ho trovato nessun difetto, nessun appunto da fare. Nulla. La regista è anche donna, quindi non posso neanche tirar fuori qualche mia tipica lamentela di genere sul mondo che non ci lascia spazio. Non mi resta dunque che parlare di me stessa - ancora una volta- pur di scrivere qualcosa.
non sono affatto integrata. non credo nel termine integrazione. detto così è molto vago, ma volevo darvi proprio questa impressione.
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domenica 11 dicembre 2011
domenica 2 ottobre 2011
La Terraferma ci aspetta. Forse.
Giovedì sera sono andata al cinema a vedere Terraferma, vincitore del Premio speciale della giuria del Festival del cinema di Venezia e, notizia relativamente fresca, candidato italiano ai prossimi Oscar.
La trama è semplice, attuale e toccante: un'isola siciliana di pescatori e turisti vive gli sbarchi dei clandestini dalle coste africane. L'arrivo, il tentativo di mascherare i fatti, il contrasto tra l'antica legge del mare dei pescatori e l'odierna regolamentazione riguardante i clandestini, la storia di due donne che si incontrano, si scontrano e si conoscono in quanto appartenenti all'universo femminile e all'universo in genere (a questo proposito: ottima Donatella Finocchiaro!).
Devo dire che inizialmente l'idea di un film così fatto mi lasciava perplessa. è facile, pensavo, raccontare l'immigrazione in questo modo. è facile far scendere una lacrima con immagini di corpi in mare, di donne e bambini che fuggono da povertà e distruzione per far ritrovare poi il sorriso, seppur amaro, quando i pescatori e gli abitanti dell'isola si fanno in quattro per i loro fratelli clandestini.
Un film che in un contesto di società che accetta e comprende i movimenti migratori sarebbe anche banale. Sarebbe quasi come raccontare un qualsiasi altro evento quotidiano. Invece l'immigrazione non è per niente quotidianità, non è ancora per niente ordinarietà.è ordinaria è quotidiana sì, ma per la propaganda e i media. E qui non mi dilungo, credo sia molto semplice da capire.
Nella nostra società, che ancora metabolizza a stento lo spostamento di popolazione e ancora peggio confonde e mescola questo astio con quelli che dovrebbero essere i normali comportamenti legislativi ma soprattutto umani di accoglienza, il film di Emanuele Crialese è un grido d'allarme, un documentario, un film assolutamente da vedere e apprezzare.
Peccato però, che la sala cinematografia fosse piena solo dei "soliti noti". Spettatori quasi stereotipati, tra i 20 e i 45 anni con sciarpette colorate e accessori equo-solidali, più qualche persona sui 60 anni, distinta e intellettuale. Spettatori che conoscono, almeno sulla carta, queste problematiche.
Sottolineo sulla carta. Infatti non ho mai fatto di tutta l'erba un fascio, e non lo farò mai. Però permettetemi di rimanerci male quando una 35enne dal caschetto riccio e sbarazzino mi intima con veemenza di stare zitta, dopo che ho pronunciato n°4 parole durante una scena con visuale del mare e musica. Mi sono permessa di parlare con l'evidente intento di spiegare un vocabolo all'amico non nativo che mi sedeva accanto.
ps. consiglio di leggere le considerazioni de Il Giornale che trova il film non veritiero e mendace e una notizia di qualche giorno fa, sull'assoluzione di pescatori che salvarono clandestini in mare.
La trama è semplice, attuale e toccante: un'isola siciliana di pescatori e turisti vive gli sbarchi dei clandestini dalle coste africane. L'arrivo, il tentativo di mascherare i fatti, il contrasto tra l'antica legge del mare dei pescatori e l'odierna regolamentazione riguardante i clandestini, la storia di due donne che si incontrano, si scontrano e si conoscono in quanto appartenenti all'universo femminile e all'universo in genere (a questo proposito: ottima Donatella Finocchiaro!).
Devo dire che inizialmente l'idea di un film così fatto mi lasciava perplessa. è facile, pensavo, raccontare l'immigrazione in questo modo. è facile far scendere una lacrima con immagini di corpi in mare, di donne e bambini che fuggono da povertà e distruzione per far ritrovare poi il sorriso, seppur amaro, quando i pescatori e gli abitanti dell'isola si fanno in quattro per i loro fratelli clandestini.
Un film che in un contesto di società che accetta e comprende i movimenti migratori sarebbe anche banale. Sarebbe quasi come raccontare un qualsiasi altro evento quotidiano. Invece l'immigrazione non è per niente quotidianità, non è ancora per niente ordinarietà.è ordinaria è quotidiana sì, ma per la propaganda e i media. E qui non mi dilungo, credo sia molto semplice da capire.
Nella nostra società, che ancora metabolizza a stento lo spostamento di popolazione e ancora peggio confonde e mescola questo astio con quelli che dovrebbero essere i normali comportamenti legislativi ma soprattutto umani di accoglienza, il film di Emanuele Crialese è un grido d'allarme, un documentario, un film assolutamente da vedere e apprezzare.
Peccato però, che la sala cinematografia fosse piena solo dei "soliti noti". Spettatori quasi stereotipati, tra i 20 e i 45 anni con sciarpette colorate e accessori equo-solidali, più qualche persona sui 60 anni, distinta e intellettuale. Spettatori che conoscono, almeno sulla carta, queste problematiche.
Sottolineo sulla carta. Infatti non ho mai fatto di tutta l'erba un fascio, e non lo farò mai. Però permettetemi di rimanerci male quando una 35enne dal caschetto riccio e sbarazzino mi intima con veemenza di stare zitta, dopo che ho pronunciato n°4 parole durante una scena con visuale del mare e musica. Mi sono permessa di parlare con l'evidente intento di spiegare un vocabolo all'amico non nativo che mi sedeva accanto.
ps. consiglio di leggere le considerazioni de Il Giornale che trova il film non veritiero e mendace e una notizia di qualche giorno fa, sull'assoluzione di pescatori che salvarono clandestini in mare.
lunedì 29 agosto 2011
Le noms des gens
Oggi vi consiglio un film francese che a mio parere bene si inserisce tra le tematiche del mio blog. è una commedia del 2010, che a quanto ne so non è uscito in Italia. peccato, perchè sarebbe carino vederlo nelle nostre sale.
Le noms des Gens è una storia d'amore tra un serioso jospainista (seguace di Lionel Jospin) e una giovane donna eccentrica (ruolo che è valso un Cesar a Sara Forestier) che usa il sesso per convertire i suoi avversari politici. Lei è figlia di una "hippie" francese e di un immigrato algerino, lui di un francese e di un'ebrea di origine greca. la narrazione è divertente e riesce a conciliare le moderne problematiche di integrazione e di identità con la shoah (che mi sembra onnipresente nell'odierna cultura francese, ma questa è un'altra storia) ma anche con problematiche come la violenza sui minori. questo miscuglio di tematiche non disturba, la protagonista -anche se la sua personalità presenta delle esagerazioni- mi ha fatto una grande simpatia e la Parigi mostrata non è quella di Woody Allen... (che pure ho adorato in Minuit à Paris, ma Parigi non è solo "mito"!).
quindi, vedetelo in lingua originale se potete o in inglese! :)
Le noms des Gens è una storia d'amore tra un serioso jospainista (seguace di Lionel Jospin) e una giovane donna eccentrica (ruolo che è valso un Cesar a Sara Forestier) che usa il sesso per convertire i suoi avversari politici. Lei è figlia di una "hippie" francese e di un immigrato algerino, lui di un francese e di un'ebrea di origine greca. la narrazione è divertente e riesce a conciliare le moderne problematiche di integrazione e di identità con la shoah (che mi sembra onnipresente nell'odierna cultura francese, ma questa è un'altra storia) ma anche con problematiche come la violenza sui minori. questo miscuglio di tematiche non disturba, la protagonista -anche se la sua personalità presenta delle esagerazioni- mi ha fatto una grande simpatia e la Parigi mostrata non è quella di Woody Allen... (che pure ho adorato in Minuit à Paris, ma Parigi non è solo "mito"!).
quindi, vedetelo in lingua originale se potete o in inglese! :)
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