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lunedì 6 maggio 2013

La festa della mamma

A maggio si festeggia la festa della mamma. Non mi chiedete in quale giorno, perché non lo so. è peggio della Pasqua, so sempre e solo che cadono entrambe di domenica.

Anche se la mia mamma non leggerà, vorrei omaggiarla a modo mio. Lei, come tutte le altre mamme come lei.
Le mamme della sua generazione hanno un grande peso, quello di vedere la vita dei loro figli scorrere in maniera molto meno lineare e più problematica della propria. Non dico che le loro vite siano state facili, tutt'altro. Dico che loro avevano qualche speranza e che, quasi tutte quelle che hanno potuto e voluto, sono riuscite a migliorare la loro situazione e di molto. è migliorata la loro condizione in quanto donne, in quanto giovani, in quanto creatrici di famiglie, in quanto lavoratrici.
Mia madre viene da una famiglia poverissima dove analfabetismo e sfruttamento del lavoro erano la norma. Questa norma non è mai stata nascosta a me e a mio fratello, che oggi, dall'alto dei nostri 110 e lode, guardiamo tutto con quella criticità dei novelli intellettuali, dei figli del proletariato che ce l'hanno fatta, forse in ritardo di almeno una generazione rispetto al mondo.

è di quelli come noi che vorrei parlare, e delle rispettive mamme. Benché si faccia un gran parlare di fughe di cervelli e di laureati spazzini a me sembra e vedo attorno a me sempre la medesima retorica. Nei media la mamma da talk show è la madre che urla e si dispera perché vuole un aiuto dallo stato (lecito, ma...) per il figlio disoccupato. Figlio choosy, in molti casi. Sarò impopolare ma io, che momentaneamente non ho un lavoro fisso e faccio parte della delusa generazione Erasmus, in quelle immagini non vedo né me né mia madre.
Non vedo la dignità di mia madre che mi consola nei momenti di sconforto e che non urla, ma è orgogliosa di tutto quello che faccio con le mie forze e mi spinge solo a fare di più, come artefice del mio destino.

In questi giorni mi ha detto delle frasi che mi hanno fatto pensare. Mi ha detto che è contenta che mio fratello e io siamo così, e che non abbiamo paura di ripreparare ogni volta quella valigia, anche se - in caso - preferirebbe Parigi e Berlino a Toronto e Sidney.

Forse è solita attenuare i nostri comportamenti perché sa che è la storia della sua famiglia ad averci iniettato il seme del viaggio, la facilità di parlarne e di fare progetti. Non lo dice mai esplicitamente di conoscere l'origine, ma mi è sembrato che lo abbia fatto, qualche mattina fa, quando mi ha ricordato che è la seconda volta, dopo il bisnonno Ambrogio, che qualcuno parte per New York.






A mia madre
De Amicis
Non sempre il tempo la beltà cancella
o la sfioran le lacrime e gli affanni
mia madre ha sessant’anni e più la guardo
e più mi sembra bella.
Non ha un accento, un guardo, un riso
che non mi tocchi dolcemente il cuore.
Ah se fossi pittore, farei tutta la vita
il suo ritratto.
Vorrei ritrarla quando inchina il viso
perch’io le baci la sua treccia bianca
e quando inferma e stanca,
nasconde il suo dolor sotto un sorriso.
Ah se fosse un mio prego in cielo accolto
non chiederei al gran pittore d’Urbino
il pennello divino per coronar di gloria
il suo bel volto.
Vorrei poter cangiar vita con vita,
darle tutto il vigor degli anni miei
Vorrei veder me vecchio e lei…
dal sacrificio mio ringiovanita!


sabato 4 maggio 2013

Un dottorato in storia è qualcosa di più, perché ci sono le fonti.

Il momento più bello è sicuramente quando si passa alla carrellata delle fonti. Quelle ultime 2-3 paginette nelle quali ogni storico che si rispetti si vanta degli archivi che ha consultato.

Ci sono varie scuole di pensiero, da chi ne elenca moltissimi per far vedere che è un vero intenditore e una sorta di globe trotter delle sale studio e degli scaffali impolverati, a chi sostiene che archivi e fonti sono un po' come gli amici, meglio pochi - pochissimi- ma buoni, a dimostrazione del fatto che si sa tirar fuori il meglio anche da due foglietti.

Poi ci siamo noi giovani storici in erba, dottorandi sul mio genere. Noi che abbiamo scelto un argomento di ricerca da espatrio. Eh sì, di quelli che almeno quel mesetto fuori debbono farselo, per arricchire la lista, s'intende. Io quei tre mesetti li ho passati a Parigi, tra festicciole per la vittoria di Pisapia, addormentandomi sulla navetta per Fontainebleau, tornando come mio solito con il doppio dei gingilli che avevo caricato all'andata.

I dottorandi come me, poi, si scelgono un argomento che l'estate li porti qualche giorno in luoghi ameni e solitari, con minori livelli di umidità rispetto alla città. Ed è per noi, credo, ma anche per gli storici anzianotti e per quelli tedeschi, che si sono inventati l'archivio di Pieve Santo Stefano ad Arezzo. Qui si mangia carne, si beve vino e la mattina si va in archivio.

I dottorandi come me, però, sono di Roma e amano moltissimo il caffè delle macchinette dell'ACS e la mensa della biblioteca nazionale. Hanno frequenti e fulminee passioni per la pizzeria di Largo Argentina, quella nota per le pizze con pancetta, cipolla e provola, mentre ormai disdegnano Benito che non è più il Benito di una volta. Io, per questo, mi faccio di sushi e di chicken roast biriyani.

I dottorandi come me, prestate attenzione, non pensano solo a mangiare. Io sono veramente veramente innamorata della mia ricerca. Così tanto che mi piacerebbe ritornare in tutti i luoghi elencati in quelle 2-3 paginette e ricominciare da capo, tanto per vedere l'effetto che fa.

lunedì 19 dicembre 2011

L'Europa esiste, altroché.

Ho letto un libro che ha confermato un sospetto che avevo da anni: l'Europa esiste.
Ok, sì, forse sto dicendo una cosa scontata.
L'Europa è un'entità a sé stante, con caratteristiche proprie e comuni che la differenziano da tutti gli altri continenti. E non sono solo la storia, la compattezza geografica e l'Euro (che casomai è una conseguenza di tutto ciò) a farla tale. Sono i nostri modi di fare e vivere e soprattutto, quello che percepiscono i non-europei.
Ho vissuto a lungo in Europa e a contatto con gli altri europei notando differenze comportamentali, di tradizioni ecc, ma leggendo questo libro di un americano che ha vissuto a Parigi per cinque anni ho pensato spesso: "Beh, ma quello che sta dicendo non è per niente una caratteristica francese, ma anche italiana e dunque... europea!"

Un altro inciso doveroso prima di entrare nel vivo. Ho sempre pensato che Italia e Francia fossero molto simili, più di due altri stati europei presi a caso. Ad esempio trovo personalmente meno vicine Italia e Spagna, contrariamente a un pensare comune diffuso. Anche per questo trovo calzante l'esempio di questo libro, perché ho sentito troppo spesso parlare della Francia come di un luogo diversissimo e lontanissimo da noi (e anche a noi avverso). Certo, vale lo stesso discorso che vale per tutti gli altri Paesi. Siamo simili ma NON UGUALI, ed è giusto sempre sottolineare le differenze ma senza che diventino un ostacolo.

Ecco il libro, Da Parigi alla luna di Adam Gopnik.
Un reporter newyorkese vive a Parigi per cinque anni con la moglie e il loro primogenito; è un racconto di vita quotidiana ma soprattutto di vita parigina, divertente e acuto. Ma tutto visto con occhi americani, più specificamente con occhi della Grande Mela.
Ed è così che Adam si stupisce del fatto che i francesi non usino la segreteria telefonica, che vadano in palestra per socializzare e non per ammazzarsi di sport, che parlino di politica appassionatamente e frequentemente come gli americani parlano di baseball. Si stupisce poi delle lungaggini burocratiche e del fatto che i francesi protestino per l'aumento dell'età della pensione, contenti di andarci, mentre gli americani non desiderano altro che lavorare per sempre, quasi per sentirsi immortali. Ancora, l'autore è molto colpito dall'espressione francese "c'est normal" utilizzata spessissimo, come intercalare, con tono di rassegnazione.

Beh, che dire? Italia, Francia quindi Europa? (O forse esistono gli Stati Uniti, contrapposti a tutto il resto?)Non vorrei arrivare a soluzioni semplicistiche ma leggendo ho pensato più volte all'esistenza dell'Europa, un'Europa delle piccole cose.


ps. dedico questo post -come faccio quasi sempre- alla Lega Nord, antieuropeista. Chissà perché, ma la Lega ed io siamo sempre in disaccordo.

venerdì 27 maggio 2011

Primo (quasi) mese a Paris: guarda il mio tavolo e ti dirò che cosa ho fatto



Et voilà, è quasi passato un mese dal mio approdo in terra francese. Come sempre, tutto nel segno della malaintegrazione. Non sapevo con quale abile gioco letterario raccontarvi questi miei giorni e allora sono ricorsa all'uso di una foto. Niente male eh, per una come me che è allo stesso tempo una mediocre fotografa e una mediocre scrittrice. Faccio entrambe le cose poco e male, ma sono molto soddisfatta così e, ancora più contenta, ne faccio anche un melange. Almeno non ho le pretese artistiche di gran parte della gente che in questo secolo malato si dimena e si crea uno spazio in rete con pretese artistiche.

Il post di oggi è periodizzante, non solo perchè è quasi un mese che sono qui, ma anche e soprattutto perchè questa è l'ultima notte che passo in questa stanza. Domani avrò un altro letto, nel 5° arrondissement, vicino alla Moschea e al Jardin des Plantes. Niente male.
Quindi è doveroso scrivere un post per consacrare il passaggio e mettere un paletto: ah! Ecco che cosa ho combinato in tre settimane piene (o quattro scarse).

Guardate la foto alla vostra destra. Così ce la togliamo subito e viriamo in fretta a sinistra.
Quel volumone che vedete è una tesi di abilitazione a “direttore di ricerche” di un gentilissimo professore francese che mi sta aiutando nella mia ricerca. Ebbene si, forse dovrei dirvi che diavolo sto facendo il Francia. Sto lavorando sulla mia tesi di dottorato sulle emigrate italiane in Fr tra le due guerre mondiali. Così capirete meglio la mia fissa su emigrazione/immigrazione e vi stupirete di come io stia tragicamente dedicando a questo l'attuale periodo della mia vita.
Riguardo al mattone che vedete immortalato è solo un tassello della mia bibliografia, roba sui comunisti italiani esiliati oltralpe. Un ottimo lavoro, conosciutissimo nell'ambiente. Ma appena l'ho visto ho pensato: acc, cosa tocca fare per ottenere un ruolo accademico qui!! Chez moi il faut faire autres choses... bon, vado avanti senza lamentarmi.

Subito sopra ci sono le memorie di Teresa Noce, esule e resistente in Francia. Perchè che vi credete, gli italiani in Francia erano molti (a partire già dall'800); alcuni erano politicizzati e molti tra questi parteciparono alla resistenza francese. È una bellissima storia di emigrazione, sia economica che politica, che magari vi racconterò piano piano...

Dunque, per fare questo che è il mio lavoro, ho dovuto collezionare tessere di archivi (andate a sinistra e ne vedrete alcune). Qui il sistema archivistico è quasi totalmente informatizzato, quindi senza tessera magnetica non sei nessuno. Ma quando hai in mano una di queste tessere ti senti uno storico vero: stormi di archivisti a tua disposizione, buste (enormi e pesanti cartelle che contengono documenti storici) che arrivano subito e sembra siano lì ad aspettare proprio te, pannelli luminosi che indicano il tuo numeretto all'arrivo delle tue richieste... come alla boulangerie.
quindi in queste settimane ho lavorato.

Sopra le tessere c'è una pubblicazione de Le Monde diplomatique, il bimestrale Manière de voir, numero 117. è un approfondimento molto ben fatto sul mondo arabo e sui cambiamenti e le rivolte dei mesi scorsi. Lo consiglio vivamente a tutti quelli che sono in grado di leggere in francese (magari vi presto il mio quando torno oppure potete andare alla libreria a San Luigi dei Francesi- al Centre culturel di Roma, vicino piazza Navona- lì quasi sicuramente lo vendono), perchè presenta articoli di firme prestigiose come Alain Gresh e Edward Said, schede su ognuno dei Paesi Arabi, carte ben dettagliate, notizie non solo sulla situazione economico-politica ma anche culturale, nonché belle foto ad accompagnare i pezzi. Questo dimostra che anche qui in queste setitmane mi sono finta intellettuale e per ben farlo mi sono interessata all'Oriente.

Più o meno al centro della foto potete vedere una borsa. La seconda che ho comprato qui. Ero partita senza per motivi di peso del bagaglio, ma soprattutto per poterne acquistare.
Vedete come è insolitamente piccola?! Chi mi conosce sa e mi rimprovera sempre per il peso e la grandezza eccessiva delle mie borse. questo dimostra che in queste settimane ho provato a cambiare qualche abitudine.



ps. faccio largamente uso di wikipedia non perchè sia il massimo per avere delle informzioni, ma perchè è un buon modo per averne di veloci e far nascere poi la curiosità di approfondire. e magari trovare errori e faciloneria della cara wiki.

sabato 14 maggio 2011

Razzismi a tutte le latitudini

Ed eccomi qua, a Paris. Sono ormai dieci giorni che sono arrivata e sono abbastanza soddisfatta del sole, dello studio e di tutto il resto.

nessuno mi guarda male quando indosso il mio vestito bengalese, perchè qui camminano per le strade e prendono la metro e vivono abiti dai più svariati angoli della terra. A guardarmi in modo stupito e incredulo sono stati solo i ragazzi bengalesi che vendono frutta davanti alla Biblioteca Marguerite Durand (eccezionale covo di studiose in studi di genere, ma questa è un'altra storia). Mi hanno guardata si, ma essendo molto meno molesti dei loro colleghi sbarcati in Italia, non hanno preferito parola. Ebbene si, sono meno molesti, al punto che non ho mai avuto occasione di dire "lagbe na" ("non ne ho bisogno", in bengali).

e così passeggio felice per rues et boulevards, immaginando questa città come un angolo dal quale poter escludere la mia malaintegrazione cronica. (e mi dico da sola: sogna ragazza, sogna)

Poi ieri ho acquistato il mio abbonamento mensile per i mezzi pubblici. il simpatico giovanotto addetto alle informazioni della stazione Rambuteau (quella del Centre Pompidou) è gentilissimo e mi aiuta in ogni passo della procedura. Prova anche a parlarmi in spagnolo -per gentilezza o per marpioneria- ma subito lo assicuro che è meglio parlarmi in francese.
superata questa piccola incomprensione, mi accingo a pagare, lo saluto e lo ringrazio e lui mi fa: "Signorina, stia attenta al portafoglio perchè qui è pieno di rom. ne ho appena visti alcuni passare."
Qualche secondo di silenzio...
Io: "Non si preoccupi, so badare al mio portafoglio".

Non ho parole.
Gli zingari rubano, i negri puzzano, gli italiani sono mafiosi, i musulmani sono terroristi, le donne dell'est sono prostitute.

à plus