mercoledì 25 settembre 2013

Disoccup-Arty: le arti del riposo forzato.

Ci provo ad essere ottimista. Ma non è proprio nella natura delle cose.
Nella mia di natura sì, l'ottimismo, il sarcasmo e l'autoironia trovano spazio.
Ma nel buco nero davanti a me, che pure vedo infinito e di spazio ce ne sarebbe,  niente trova collocazione. Né le speranze, né le attese.

Mi sveglio, accendo il computer invio la mia dozzina di curricula quotidiani.
Do un'occhiata alle vecchie candidature.
Sistemo il  cv, il profilo linkedin e perfino quello di facebook.
Mi metto a lavorare su due saggi che sto preparando. Che si sa, bisogna accumulare pubblicazioni.
Aspetto risposte a progetti, a richieste di informazioni, a candidature inviate.
Guardo continuamente il cellulare.
Controllo le email. Ma mi vogliono solo vendere qualcosa o truffarmi.
Leggo i commenti degli altri sui social network. Arrivo ad odiarli e invidiarli.
Mi informo, penso all'accanimento giudiziario.

Poi mi viene voglia di uscire . Avrei voglia di fare foto, ma non scatto da quando ero a New York.
Avrei voglia di scrivere. Ma, come adesso, riesco ad essere solo troppo lamentosa.
Penso a chi sta meglio. Non mi passa neanche per la testa che qualcuno potrebbe stare peggio.
Potrei perdere di vista la realtà, mentre ho già perso la gioia per certe piccole cose.
Il mare, le montagne, gli alberi, i parchi di Roma. Il sushi, il vento, un buon libro.



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