Tano D'Amico, Roma, Acquedotto Felice, 1970
Che ne sapete voi di quanto è triste Roma,
con i suoi papaveri ai bordi delle strade,
di tutti, di nessuno,
sporchi,
affumicati dal vento,
dai passanti,
dal fumo,
dalle parole,
dalle voglie.
Quanto è triste coi suoi fuori sede ubriachi,
i loro libri impolverati
e le finestre socchiuse,
e il loro odio
e le loro critiche
e la loro voglia di andare.
Che ne sapete di quanto è triste Roma ora,
quando è rossa la sera
e c'è una speranza
che è negli occhi di chi non è ancora arrivato
e tentenna
e si dimentica
non ha ancora niente
a tratti brama
poi si accorge che non vuole che essere altrove.
Che ne sapete di quanto è triste Roma a tutte le ore
lenta e stanca
ma sempre paziente
forse perché rassegnata
sconfitta e immobile
e chissà che altro.
Lei è troppo triste
perché è proprio come una madre
che non ha altro che i sogni dei suoi figli
e le sconfitte dei suoi figli
piange, ricorda,
sorride bonaria
d'orgoglio
e le speranze sue
le ha rigettate su quei figli.
Di quanto è triste Roma ma voi che ne sapete,
intenti a fare altro
a sedurla
e abbandonarla,
ad amarla senza capirla
e tutte quelle altre cose
che non fareste mai altrove.
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