domenica 29 gennaio 2012

Ancora Torpignattara

L’anno è iniziato parlando di Torpignattara: il 4 gennaio il tragico omicidio di Via Giovannoli e, solo poche notti fa, l’aggressione a tre cittadini bangladesi.
Continuiamo a parlarne anche qui, ma con un consiglio di lettura. Ve ne parlo brevemente e senza buttare nel calderone le mie opinioni in merito. Tanto già le potete immaginare.

“Pigneto-Banglatown. Migrazioni e conflitti di cittadinanza in una periferia storica romana” è un validissimo contributo per chi vuole capire la zona e, assumendola a modello, comprendere le trasformazioni urbanistico-sociali di Roma. La periferia della Capitale è da sempre meta di migrazioni ed è cresciuta attraverso vari interventi dall’alto e continui innesti spontanei e non di popolazione.

Il libro a cura di Francesco Pompeo è una raccolta di saggi, realizzato dall’osservatorio sul razzismo e le diversità “G. Favara”; il tutto inserito anche nel Contratto di Quartiere Pigneto,  progetto realizzato con i fondi del Piano investimenti 2005-2007 del Comune di Roma (non riesco a spiegarmi bene su questa faccenda, mi impiccio sempre con queste cose).
Si tratta di un lavoro di antropologia che parte dal racconto di come era la zona nei decenni precedenti a quelli che stiamo vivendo, al descrivere vari aspetti della comunità straniera dominante, quella bangladese.
Quindi la scuola di lingua bengalese, l’organizzazione politica, l’élite dei migranti e i loro leaders, le condizioni abitative, il radicamento familiare e le difficili vite dei probashi  (termine con il quale in Bangladesh si indicano gli emigrati) senza documenti.
In maniera particolare sono evidenziate le reti etniche e familiari e il transnazionalismo rappresentato da rimesse e notizie mandate in Bangladesh. Narrando del forte radicamento familiare e delle attività commerciali viene sottolineato invece come, la presenza vista spesso come conflittuale e degradante da parte di italiani e istituzioni, sia invece diventata un valore aggiunto e valorizzatore. Un quartiere che ha sempre vissuto nel degrado, infatti vive una nuova vita proprio grazie alla popolazione immigrata.

Leggete amici, e meditate.

10 commenti:

  1. Inviterei chi ha scritto l’articolo a trasferirsi per una settimana a Tor Pignattara per acquisire le corrette informazioni circa le condizioni in cui la popolazione italiana è costretta a vivere negli ultimi dieci anni: chiusi in casa, con la paura di uscire dopo le otto, facendo lo slalom tra bottiglie di alcolici che vengono consumate dai residenti del Bangladesh che dopo le 18 affollano i marciapiedi consumando alcolici, utilizzando le strade pubbliche come vespasiani. L’integrazione passa dalla comprensione tra le culkture e non dalla sopraffazione. Siamo ormai da anni prigionieri nelle nostre case, tra l’indifferenza dell’amministrazione cittadina a cui fa comodo creare un ghetto e il falso perbenismo di chi preferisce chiudere un occhio sul degrado in cui il quartiere vive, nascondendosi dietro la paura di essere definiti razzisti. Trovo vergonoso l'articolo della vostra collega Alice Rinaldi, che evidentemente manca da Tor Pigattara da lung tempo e non si è documentata sufficientemente prima di pubblicare il suo articolo pieno di falsità.

    Tor Pignatara sicura?Scura per chi? Non certo per le donne che non possono più uscire liberamente dalle proprie case per non essere attenzionate, seguite o aggredite. Il silenzioso malcontento della popolazione italian di tor pignattara cresce ed è alimentato dalla segregazione in cui è costretta a vivere. Chi svolge serviziopubblico e si permette di scrivere e pubbliucare articoli dovrebbe prima avere la decenza di raccogliere accuratamente le informazioni. La omunità bengalese di tor pignattara non è tranquilla, non è inegrata.ho vissuto negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna e conosco osa significa integrazione...l'integrazione non può e non deve essere quella che si sta imponendo a Tor Pignattaradove non si fa altro che procrastinare una guerra per il teritorio ormai divenuta inevitable. Alla Rnali che scrive delpassato di delinquenza del quartiere, Le dico che "alle butte facce" che ricorda lei (quelle degli italiani, che conosco anch'io che abito qui da trent'anni) sisono sostituite quelle dei bengalesi ch affittano i posti letto ai lor connazionali clandestini in appartamenti di cui non pagao l'affitto da anni, lo spaccio di droga è divenuto affar loro e la vendita di alcolici (che mi risulta un buon musulmano non dovrebbe consumare) da parte di esercizi aperti fino all'una di notte genera risse che poi culminano nl lanci di bottiglie. Quando si scrive di immigrazione bisognerebbe lasciar da parte il buonismo ed essere oggettivi,è questo che un bravo cronista fa. Il resto è mistificante spazzatura.

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    1. Che palle questa lagna. Frequento Torpignattara, conosco molte donne che vivono lì (italiane), nessuna vive chiusa in casa per paura dell'uomo nero. Avete stufato con questa propaganda di basso libello soprattutto umano. Lo spaccio, sia detto per inciso, è una questione che non lascia libero nessuno dei quesrtieri di Roma, tantomeno i più ricchi.

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    2. Iunia, grazie per aver visitato il mio blog ed aver commentato! concordo pienamente con quello che dici!

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  2. Mi fa molto piacere leggere commenti simili, per una discussione sempre ben accetta. Mi disturba di più il fatto che il commento sia anonimo. Nessuno mette in dubbio che i problemi dell'integrazione ci siano, io sono la prima a dirlo. l'integrazione (termine che odio, ma qui lo lascio passare) in Italia non è nulla, non c'è. ed è vero che alcuni quartieri sembrano ghetti. Sull'integrazione negli altri paesi mi guarderei bene dall'esaltarla, visto che hanno anche loro i loro bei problemi.
    ma il commento che Lei ha lasciato mi sembra esagerato. Io conosco italiani che a Tor Pignattara vivono in tutta tranquillità e anzi,alcuni pubblicizzano anche il quartiere a chi cerca casa (è successo proprio a me)! per non parlare poi di altre esperienze positive, come ad esempio la scuola Pisacane che, pur con molteplici problemi, è riuscita a fare qualcosa di buono. ripeto, che il quartiere sia degradato lo vedono tutti, ma attenzione a esagerare anche in questo senso.quindi sono d'accordo con Lei in molti punti, ma attenzione alle mistificazioni in entrambi in sensi.

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  3. Non sono convinto riguardo all'uso massiccio di alcol da parte di cittadini del Bangladesh. Gli ubriaconi sono presenti in Via della Maranella anche di giorno, ma siamo sicuri che siano cittadini del Bangladesh?

    Lavoro come volontario da più di 10 anni fra i Bangladeshi ed il commento anonimo di cui sopra mi sembra inverosimile se applicato ai Bangladeshi.

    Andrew Diprose
    (Consulente multi culturale)

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  4. Grazie Sara per la segnalazione, senza la tua non avrei mai saputo di questo commento anonimo, e un po' offensivo, al mio articolo. Penso proprio che parli di me, visto che, parliamo dell'anno scorso, scrissi un articolo sulla comunità bengalese a Torpignattara. Quello che vorrei dire è che una cosa è l'oggettività giornalistica, un'altra è la verità oggettiva. La prima riguarda il cercare di non manipolare la realtà che si vede e non manipolare mai dichiarazioni altrui, la seconda non esiste, soprattutto se stiamo parlando di un articolo che non pretende l'esaustività ed è basato su un'unica esperienza/intervista al "capo culturale" di una comunità. Ho riportato le sue dichiarazioni inserendo le mie impressioni. Ho tanti amici che ancora vivono a Torpignattara, non la frequento come un tempo, ma le mie impressioni si basano anche sulle loro e le ragazze italiane che conosco non vivono questo terrore come descritto dal signor Anonimo. Ma ripeto, la verità oggettiva non esiste. Ognuno ha le sue impressioni e le sue esperienze, il mio articolo era solo uno spaccato, oltretutto culturale e non di cronaca, che non pretende di essere esaustivo o portatore di verità oggettive. In ogni caso la maggior parte dei bengalesi è di fede musulmana praticante, quindi è sicuramente più fuorviante insinuare che consumino alcolici, visto che la loro religione non glielo permette, rispetto a un virgolettato sicuramente più onesto come "Cerchiamo di non creare problemi con le altre comunità, magari al nostro interno si creano situazioni negative, ma fuori quasi mai". "Cerchiamo", "magari si creano situazioni negative", "quasi mai" e non sentenze inappellabili come "La omunità bengalese di tor pignattara non è tranquilla" che si atteggiano a presuntuose, totalizzanti e inesistenti verità oggettive.
    Alice Rinaldi
    (Più Culture)

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  5. Arrivo fuori tempo massimo, capito per caso qui, mi sento la voglia di dire la mia. Io a Torpignattara ci sono nata, quarantotto anni fa, ci abito da allora - qualche via più su, nella zona che quando ero bambina chiamavano Parioletti, il sommo della collina, la zona "nobile", alle propaggini del Pigneto, sopra la Marranella - e posso assicurare che anzi, la Marranella, proprio, zona difficile e considerata malfamata, era un posto molto meno sicuro ai tempi della mia infanzia e giovinezza, quando ci vivevano solo gli italiani, di adesso, dove l'inurbazione di nuclei familiari di cittadini stranieri ha reso le strade vive, brulicanti di bambini e di quotidianità. Ricordo racconti di gente che vi viveva trent'anni fa, che narravano di vetri di portoni infranti, di vasi ornamentali assicurati alle catene per impedire la loro sottrazione, di vandalismi continui, di risse e coltellate, di bambini cresciuti per strada e rotti a tutto come gli scugnizzi della Napoli di inizio novecento. Ricordo i miei coetanei eroinomani, oggi probabilmente morti, che venivano a smaltire la scimmia, cadaveri ambulanti, davanti alla porta d'ingresso dell'oratorio di San Barnaba.
    Anche per la sua conformazione topografica il quartiere ha sempre presentato, oltre ad una facciata rispettabile, aspetti duri, pasoliniani. Oggi, paradossalmente, a me sembra che il degrado si sia spostato nella zona residenziale, quella dove abito io, dove il tessuto socio economico si è disintegrato e le strade sono file ininterrotte di saracinesche abbassate e polverose o di magazzini di cineserie o di call center (accanto ad un proliferare, a prima vista incongruo, di filiali creditizie), e che ad aver l'aspetto di quartiere "vivo", proliferante di rassicurante umanità, sia proprio la zona più popolare, quella appunto che la Casilina spartisce in due sponde tra Torpignattara e Via della Marranella. Non so di preciso dove risieda l'anonimo, ma io, ribadisco, ho del mio quartiere tutta un'altra percezione, sicuramente non peggiore di quella che avevo decenni fa, forse addirittura migliore.

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    1. Ti ringrazio per il commento, argomentato e di piacevole lettura. La tua testimonianza mi sembra abbastanza in linea con la tesi del libro, che difatti poggia su delle argomentazioni per me molto valide. Tra l'altro - da romana - vedo come è la città oggi e ascolto racconti di chi è più grande di me da sempre, non ho quindi nessuna difficoltà nel sostenere quello che dici. Il degrado in varie misure c'è sempre stato e non è di certo colpa delle "etnie" che vivono in una data zona (ieri erano abruzzesi, calabresi, napoletani, oggi i bengalesi...). Gli abitanti cambiano, ma le colpe delle amministrazioni restano!

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    2. ps. naturalmente ho semplificato. Sulle "colpe" delle amministrazioni si dovrebbero fare distinguo e analisi, ma non è questa ora la sede.

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  6. Ho immesso il titolo del libro di Pompeo su amazon.it e purtroppo ecco che cosa salta fuori..... http://www.amazon.it/Pigneto-Banglatown-Migrazioni-conflitti-cittadinanza-periferia/dp/8864840001/ref=sr_1_1?s=books&ie=UTF8&qid=1387306647&sr=1-1&keywords=Pigneto-Banglatown

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