lunedì 12 ottobre 2015

Roma 2003/Ankara 2015


Un festival della protesta fai da te che ha esaltato le mille anime del movimento. Dieci chilometri di corteo per dire "No alla guerra"
A Roma il popolo della pace"Siamo in tre milioni"



Tre milioni secondo gli organizzatori, 650.000 secondo la questura. 

Siamo noi, insieme agli altri cento e passa milioni in tutto il mondo ad alzarci anche stamattina troppo tardi, ad infilare di fretta i vestiti e poi la sciarpa - che il 15 febbraio 2003 fa freddo. Siamo noi che si inizia con un sms, ci si dà un appuntamento: siamo tutti pronti anche oggi. Tizio dove lo lascia il motorino? Guarda che la madre non lo sa... Lo lascia da me, i miei sono tranquilli...

Siamo noi che abbiamo deciso di saltare la scuola, perché tanto una lezione in più o una lezione in meno che cosa può cambiare? A giugno ci sarà stata la maturità, ma giugno è così lontano. Siamo noi, quelli per i quali è più vicina Baghdad, nello spazio e nel tempo. Geografia non la studiamo da tempo, ma lo sappiamo tutti bene che esiste un Medioriente che ci richiama, che ci fa appassionare, che ci affondare in discussioni che poi sapremo essere lacunose e troppo spesso idealiste.

Sono io, che contorno gli occhi con una semplice matita nera de L'Oreal, indosso pantaloni molto larghi, che mi fermo dal giornalaio per comprare La Repubblica e poi vado prendere il treno. Sono io che tanto mi conviene pure, perché non ho fatto i compiti di matematica. Ma no, non posso pensarci neanche, sarò cretina a intravedere un mio tornaconto personale? Ci credo veramente, e questo giornale lo conserverò e lo farò leggere ai miei nipoti, se mai ne avrò.

E su quella prima pagina la notizia, il giornale che passa di mano in mano, mani con i guanti, mani rosse e sudaticce come solo gli adolescenti hanno la sfortuna di avere. Sul treno dei pendolari, insieme alle spinte che da inesperti ci prendiamo tutte, c'è la voglia di correre e gridare. C'è anche qualche risata, ma sempre nella composta serietà del nostro impegno politico e sociale. Che Bush sia maledetto, che l'America sia maledetta, che quel cretino che è entrato a scuola sia maledetto.

Siamo noi con poche bandiere prese in prestito dai fratelli più grandi, siamo noi che marciamo non sapendo niente della guerra se non di quella intravista dagli occhi di qualche nonno, se non quella dell'immagine del 10 giugno sul libro di scuola. O di quella fissata in un fotogramma di qualche film americano. Che siano maledetti.

Roma è bellissima stamattina, siamo bellissimi noi, che cantiamo Bella Ciao e La guerra di Piero e non siamo mai stanchi di camminare...






PS. Adesso sono loro. Un collegamento azzardato. Due marce pacifiste. Un evento che, come non si dovrebbe mai fare in questi casi, mi tocca sul personale e rievoca in me quello che eravamo e quello che alcuni non potranno mai più essere.





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