domenica 15 giugno 2014

Pasolini aveva trent'anni

Pasolini aveva aveva su per giù trent'anni quando trovò posto come insegnante in una scuola media paritaria di Ciampino. All'epoca quella che è ormai ufficialmente e da qualche anno una città, era un borghetto campagnolo lontano più di mezz'ora di treno dalla stazione Termini. Era la terra coltivata di Marino, più qualche casa, gli sfollati, qualche lavoratore dell'aeroporto militare.

Io ho trent'anni, da qualche mese e oggi, nel secondo giorno dalla chiusura del mio primo incarico in un centro per la formazione professionale del comune di Roma. 
Una scuola di Ostia, Ostia dove Pasolini ha portato qualche volta in gita i suoi studenti ciampinesi, Ostia dove Pier Paolo si è spento.

Per questo e per altri motivi sto in questo periodo riscoprendo Ciampino, luogo dove sono cresciuta, e Pasolini, figura di intellettuale insolito, che ho sempre tenuto alla larga da me, per timore reverenziale, per pigrizia, per non so cos'altro.

In questi mesi mi sono sentita così vicina a lui, a lui giovane, insegnante, squattrinato. A lui che cercava di trasmettere ai suoi studenti l'amore per la poesia e uno sguardo diverso sulla realtà.

Non ce l'ho fatta a fare nulla di tutto questo, perché non ho avuto il tempo, perché non né ho la capacità, perché non ho neanche questo incontenibile amore per i versi. Io preferisco la letteratura e la storia. E il tempo, per farmi apprezzare.

Qualche giorno fa leggevo alcuni temi delle mie studentesse, in procinto di abilitarsi al mestiere di estetista. Gli ultimi temi, quelli per la valutazione di fine anno. I temi di chi ha già la licenza media, qualche esperienza fallimentare nella scuola statale, storie d'amore fallite, famiglie disastrate, tanta tv vista, quasi tutte l'età per votare.

Tra una correzione e l'altra mi informavo su Pasolini, sul suo modo di essere professore nell'Italia del dopoguerra. Il giovane friulano, ricordato da studenti e famiglie di Ciampino come educato, gentile, dolce, chiedeva ai suoi studenti di raccontare la realtà. Voleva distogliersi dai temi melodrammatici, inventati, tanto in voga nella scuola italiana dell'epoca. Gli unici accettati. Pasolini voleva invece leggere della loro vita, voleva che imparassero a guardare e raccontare la loro vita.

La lezione di Pasolini, ma anche quella di Don Milani, quella del '68 e di tutto il resto, non è arrivata a Piazzale Gasparri. Non è arrivata tra gli adolescenti che la scuola pubblica perde, senza neanche accorgersene, eppure così consapevolmente e colpevolmente. Gli scritti delle mie studentesse sono melodrammatici, romantici senza il sapore dei romanzi rosa, fantasiosi di una fantasia che si può facilmente "sgamare" perché semplicistica, senza appigli, con trame stranote. L'amica traditrice, il ragazzetto romantico, il calpestare sentimenti troppo astratti e manieristici.

Pasolini aveva trent'anni, io ho trent'anni. Ma io non sono Pasolini e questi trent'anni sono tutta un'altra cosa.Qui e adesso, anche per chi ne ha diciotto.

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